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Sapete qual’è il problema più grande di chi spinge tutto verso l’AI ?
La direzione sbagliata. Io voglio che l’AI faccia il bucato e i piatti in modo che io possa fare arte e scrivere, non che l’AI faccia arte e scrittura in modo che io possa fare il bucato e i piatti.

Joanna Maciejewska – Scrittrice

“ Intelligenza  Artigianale “ di Roberto Zappalà

Hi, sta per ciao, salve, piacere…e per l’occasione, sta per benvenuto alla nostra nuova stagione. Ma sta anche per Human Intelligence da opporre ad AI (Artificial Intelligence). 

In questo lungo cammino, iniziato nel 2002, ho portato alla vostra attenzione e condiviso diversi linguaggi contemporanei del corpo ma anche riflessioni più generali stimolate dai nostri titoli:  welcome, sport, pensare, eco, umanità, dare, etc.. 

Tengo subito a sottolineare che non ho nulla contro l’intelligenza artificiale, il progresso è inevitabile nonché auspicabile, mi piace però ragionare su questioni di opportunità ed etica ed è per questo che ho deciso di dare a questa stagione il titolo “HI”.

Con HI (Human Intelligence) cercherò di esprimere le mie perplessità sulla questione, ovviamente dal punto di vista di chi lavora artisticamente con il corpo.

Mi piace ricordare e sottolineare, e oggi ancora di più, che il corpo nella mia principale attività, (la danza), non è sostituibile e per me rimane sempre lo strumento creativo principale e forse unico delle mie creazioni. 

L’intelligenza corporeo-cinestetica consiste nella capacità di usare per fini espressivi il proprio corpo in modi molto differenziati e abili, che richiedono il “controllo“ dell’intero corpo.

Chi mi conosce da tempo, sa che nei miei lavori ho usato con grande parsimonia i dispositivi appartenenti al “mondo” della tecnologia, praticamente quasi assente è stato l’uso delle videoproiezioni come scenografie, e pochi gli strumenti tecnologici a supporto della performance, proprio perché è sempre straordinariamente stimolante e piacevole avere come strumento creativo il corpo e la mente umana con cui poter condividere opinioni e pensieri per poi creare l’opera. 

L’imperfezione del corpo umano, è ciò che lo rende interessante ed è ciò che più mi attrae e stimola anche nell’uso del mio linguaggio MoDem; è un fattore cardine.

Le speciali esperienze e azioni degli esseri umani nella società, nel bene o nel male, sono qualcosa di stupefacente e straordinario, e l’intelligenza artificiale, non si può negare, in qualche modo potrebbe, sottolineo potrebbe, minare questa speciale conoscenza, abilità, maturità, e indipendenza dell’umanità, oltre naturalmente sollevare preoccupazioni riguardo l’autocomprensione umana, l’interazione sociale, culturale e ambientale e l’autonomia all’azione, al valore e alla dignità. 

Osservando solo il punto di vista socio filosofico e non quello prettamente legato all’opportunità che ci viene incontro, ho come l’impressione che ci stiamo avviando verso una totale pandemia della solitudine. 

Il nostro lavoro, quello “artigianale” degli artisti che hanno a che fare con il corpo dal vivo, credo debba essere, è il mio decisamente lo è, continuare a creare un ambiente sempre più indirizzato verso l’incontro fisico ed emozionale con e tra il pubblico, provando a raccontare le nostre emozioni attraverso l’organizzazione di incontri dal vivo, e la danza fortunatamente dà ancora questa opportunità. “È attraverso le relazioni che ci possiamo definire specie viventi”.

Si tende ormai, attraverso l’intelligenza artificiale, ad allontanarsi dall’altro essere umano, forse perché per alcuni è più comodo raccontare o farsi raccontare storie virtuali, storie che abbiamo comunque scelto di sentire, storie che ci fa comodo ascoltare.

Ormai è molto facile essere ingannati con l’intelligenza artificiale, ciò non può accadere con ciò che viene mostrato dal vivo, durante gli atti di relazione tra persone, in luoghi dove i corpi li puoi “ascoltare”, apprezzare, amare o odiare, dove tutto avviene con la coscienza che ciò che accade in quell’istante è unico, irripetibile, ed è la “verità” senza alcun dubbio.   

Una particolare riflessione va fatta rispetto al mondo e ai metodi di studio. Oggi siamo abituati a studiare e a ricordarci delle nozioni attraverso la lettura, ma con l’avvento dei cellulari, per esempio, non ricordiamo più i numeri di telefono, domani chissà forse non avremo più bisogno di studiare perchè “AI” risolverà i problemi per noi, quindi in definitiva, l’intelligenza artificiale potrebbe negare l’emozione della scoperta, il bisogno di sognare e la necessità di creare, ma senza alcun dubbio si accelereranno i tempi di apprendimento.  

Appare così necessario essere consapevoli che l’uso dell’AI potrebbe portare ad una minor creatività o a una scarsa capacità di pensiero autonomo, ma anche può certamente offrire risorse utili, per esempio, agli studenti per ottimizzare il proprio tempo di studio e migliorare il rendimento accademico. 

Ribadisco ancora una volta, ma credo si comprenda da queste mie poche righe che non sono contro l’AI, anzi in alcuni settori è un grande strumento di conoscenza e scoperta, ma sarà sempre più necessario farne un uso estremamente attento, o quantomeno, come qualcuno propone, fare una pausa dello sviluppo tecnologico per provare a controllarne, pur parzialmente il progresso. Ma detto tra di noi non credo accadrà mai.

L’essere umano in occidente così come si evince nelle sacre scritture del nuovo testamento, “Imago et similitudo dei”, si è sempre considerato erede dell’onnipotenza divina arrogandosi il diritto di intervenire e modificare la natura e quindi di introdurre anche la possibilità di una “sostituzione tecnica” . 

Le macchine, al contrario, non pensano, non hanno emozioni e non provano paura e l’uomo rischia di diventare un “superuomo digitale” e così perdere la sua caratteristica principale: la volontà e il desiderio di fare. Come sottolinea Nietzsche il “Superuomo”, rimane per natura fedele “alla terra” e al corpo.

L’intelligenza artificiale arriverà ad essere molto più “intelligente” dell’essere umano e realmente non sapremo cosa accadrà quando sulla terra l’umanità si renderà conto di aver perso il suo primato. 

Il sogno di applicare la “Tecnosofia” a cui  Maurizio Ferraris e Guido Saracco dedicano una ampia riflessione nel loro omonimo testo sulla possibile alleanza tra filosofia e tecnologia si fa sempre più auspicabile ma labile. È vero, alla tecnologia non viene dato il credito che meriterebbe, ciononostante il suo potere è talmente immenso che penso determinerà sempre di più la Storia dell’essere umano. 

Il dibattito continuerà per molto tempo perché le posizioni dei più grandi studiosi, filosofi, scienziati sono tra loro molto differenti. Chi  pensa che sia una immensa opportunità per fare un grande e positivo balzo tecnologico verso “mondi” sconosciuti e chi più pessimisticamente vede questo come un grande pericolo che potrà cambiare definitivamente e negativamente il rapporto tra l’uomo e l’ambiente che lo ospita. 

A voi le riflessioni. 

Io continuerò a dare il mio piccolo contributo attraverso il mio lavoro di artista nel sostenere  le attività e l’incontro tra le persone, mettendo l’individuo e la sua dignità al centro dei nostri “giochi”.

Da un’intervista sull’Avvenire di Andrea Lavazzi al Prof. Vittorio Garrese (30 Giugno 2004)  

Tutti gli scienziati convergono nel sostenere e spesso dimostrare che per capire ciò che chiamiamo mente non si può che partire dal corpo. 

Ridiamo centralità alla corporeità alla sua espressività sensomotoria ed affettiva, identificando in lui il cardine attorno a cui costruiamo il nostro esserci, la nostra singolarità

Vittorio Gallese Neuroscienziato e Professore di Psicobiologia e Psicologia fisiologica Università di Parma

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